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Agenda 2030 e il pensiero profetico di Pier Paolo Pasolini

Per comprendere meglio il legame tra l’Agenda 2030 e il pensiero profetico di Pier Paolo Pasolini, è bene ricordare brevemente cos’è l’Agenda 2030. Nel settembre del 2015 193 Paesi membri dell’ONU, hanno definito un programma d’azione per lo sviluppo sostenibile con lo scopo di stimolare progetti di importanza cruciale per l’intera umanità. Questo programma lo conosciamo ormai tutti come Agenda 2030 e prevede la realizzazione, entro appunto il 2030, di 17 obiettivi (SDGs) pensati per: le Persone, assicurando che tutti gli esseri umani possano vivere con dignità, pari opportunità e in un ambiente sano; il Pianeta, per proteggerlo dal degrado con una attività consapevole di consumo e produzione e gestendo le limitate risorse naturali in maniera sostenibile; la Prosperità, per permettere agli esseri umani di avere un’esistenza prosperosa attraverso un progresso sociale, economico e tecnologico sostenibili; la Pace, promuovendo società pacifiche e inclusive e debellando ogni forma di violenza; la Collaborazione, rafforzando la solidarietà globale e unendo mezzi e forze nell’attuazione degli obiettivi.
Lo sviluppo e il progresso secondo Pier Paolo Pasolini

Tra il 1973 e il 1975, anno della sua scomparsa, Pier Paolo Pasolini scrisse una serie di articoli e di recensioni per il Corriere della Sera che vennero poi raccolti, insieme a quelli di altri autori dell’epoca, in un volume noto come Scritti corsari. Il termine corsari evidenzia in modo inequivocabile la posizione controcorrente di Pasolini, un uomo che ha manifestato costantemente il suo dissenso nei confronti dell’omologazione, in ogni sua forma. Gli articoli e gli allegati contenuti negli Scritti corsari, rappresentano i nodi centrali del pensiero di Pier Paolo Pasolini riguardo molti aspetti della società e della politica italiana, senza distinzione ideologica. La visione del Maestro si è rivelata profetica in molte occasioni come ad esempio in “Sviluppo e Progresso”, una riflessione con cui non si limita a criticare e attaccare il modello di vita consumistico in Italia, a partire dagli anni del boom economico del dopoguerra, ma a paragonarlo ad un vero e proprio “genocidio culturale”, dalle preoccupanti conseguenze sociali, infrastrutturali, culturali e antropologiche.